Il valore del brand

Ci sono brand che garantiscono certezze: nell’abbigliamento o in campo tecnologico, in ambito alimentare oppure nel cosiddetto mercato del lusso: osservando i top player di qualsiasi settore non è difficile arrivare alla consapevolezza che, per un consumatore, generalmente conta di più il marchio rispetto a specifici prodotti o servizi.

La brand awareness, letteralmente la notorietà di un marchio (ossia la capacità di essere riconosciuti dai potenziali consumatori e conseguentemente associati a un determinato prodotto o servizio), colpisce qualsiasi target e qualsiasi segmento di mercato: dall’appassionato di fai-da-te che consiglia i suoi marchi preferiti, alle tendenze tra gli adolescenti, alle strutture che forniscono qualsiasi tipo di servizio. Tutto è oggetto di valutazione da parte degli utenti, e i risultati possono fornire un ottima spinta pubblicitaria come decretare un fallimento.

Una tendenza confermata dai risultati dell’Italy RepTrak 2015, studio che ha fatto del suo cuore nevralgico l’analisi della reputazione delle grandi aziende del nostro Paese. I risultati del Reputation Insititute sono infatti sorprendentemente in linea con le percezioni di mercato: si stima che i consumatori siano così influenzati dalla brand reputation da basarci ben il 61% dei propri acquisti, ponendo alla base della comunicazione il rodato concetto del passaparola: se un marchio piace, è affidabile e comunica valori condivisibili, i giudizi positivi si spargeranno a macchia d’olio.

Ma come si conquista la stima del pubblico? Gli strumenti più efficaci, adottabili separatamente o combinati tra loro, sono trasparenza nella propria policy aziendale, gestione etica dei progetti, responsabilità sociale e programmi a favore della sostenibilità. Il tutto affiancato dalla capacità di veicolare le esperienze dirette di chi ha potuto tastare con mano la qualità del marchio in promozione. Dopotutto, se un opinion leader scrive meraviglie su un nuovo modello di smartphone, quanti dei suoi follower non prenderanno in considerazione le sue parole?

Se le grandi aziende hanno ormai interiorizzato questi concetti, strutturando la propria comunicazione online e offline su questa riga, sono ancora lontane dalla meta tante piccole o medie imprese. Pensare che il proprio segmento di mercato si comporti in modo diverso, senza avere alla base elementi oggettivi che lo dimostrino, è la prima causa del fallimento di qualsiasi strategia di comunicazione volta ad aumentare la propria brand awareness. Convincersi che la propria utenza si fermi ad analizzare le mille sfaccettature di un prodotto senza curarsi della solidità del brand produttore o erogatore del servizio, non darà mai i risultati sperati.

Un equilibrio difficile da trovare e ancor più da mantenere ma che, se gestito con la dovuta professionalità, può portare risultati sorprendenti anche a realtà ancora in definizione.

Tutti pazzi per gli #hashtag

Hashtag, o meglio, #hashtag: un’etichetta, una parola chiave evidenziata nelle comunicazioni tra i vari social network, che ha cambiato e stravolto il modo di pensare e di concepire quello che ci piace. Gli hashtag, per chi ancora non lo sapesse, servono per trovare facilmente un messaggio collegato ad un argomento, per generare uno scambio di opinioni o per far partecipare le persone ad una discussione già esistente. Una volta erano gli hyperlink, ora sono gli hashtag.

ESEMPIO UNO: LE BASI

Immaginate di tornare sui banchi di scuola, immersi nella vita sociale dei vostri coetanei. Una mattina il vostro compagno di banco vi dice che #tiziodiquinta (il tizio, quello che tutti conoscono perché ha già sia l’auto che la moto da cross) si è fidanzato con #tiziadiquarta (la tizia, quella che tutti guardano in corridoio, che se regala un sorriso sembra di essere a Natale). Nei tempi passati, prima di conoscere i dettagli della love story avreste dovuto attendere la puntata successiva, cercare una fonte affidabile vicina a uno dei due, aguzzare il vostro ingegno da detective. Oggi, grazie all’hashtag, tutto è molto più semplice: digitando sui social network #tiziodiquinta, subito vi compariranno tutti i commenti e i gossip sulla storia. Quelle voci di corridoio stile “Sai che #tiziodiquinta se la fa con #tutteletiziediquarta?”; oppure “che bella coppia sono. #tiziodiquinta #tiziadiquarta”, oggi sono dichiarazioni digitalizzate e cancellettizzate.

ESEMPIO DUE: IL SOCIAL MEDIA MARKETING

Il marketing, come l’alta moda, non segue le tendenze, le impone. Per questo gli hashtag hanno avuto un’evoluzione significativa nel mondo del marketing, facendo nascere quella branca di settore che si occupa di far diventare virali i concetti espressi tramite cancelletto. Di esempi ce ne sono di tutti i tipi, dal brillante caso di MSC Crociere, che con l’hashtag #navedeigiovani negli scorsi anni ha visto un incremento del venduto e soprattutto dell’interazione social sul programma studiato per la fascia di utenti dai 18 ai 35 anni, all’epic fail di Enel con il lancio di #guerriero, che se inizialmente voleva far sentire l’utente protagonista, ha invece scatenato un flusso di lamentela contro la gestione della fornitura.

Come sempre, quando una moda esplode incontrollata è opportuno prevedere (e gestire) gli inevitabili problemi di comprensione dello strumento. Se ne vedono di tutti i colori: c’è chi apre discussioni con hashtag simili ad alcuni già in circolo, segno di una mancata ricerca preventiva tra i trending topic (c’è chi nemmeno sa cos’è un trending topic!), c’è chi sbaglia la scrittura dell’hashtag e pensando di essere cool finisce col far la figura di chi scrive una lettera d’amore alla fidanzata e firmarla con “Ti aNo”.

Come tutti gli strumenti che ci permettono di comunicare al pubblico anche l’hashtag va utilizzato con cognizione di causa, perché l’informazione ormai passa anche dai #cancelletti, ed è giusto utilizzarli correttamente.

Gli errori da evitare per un perfetto sito web

Il sito web è la prima vetrina della tua azienda, un biglietto da visita completo e accessibile al tuo pubblico, in grado di fare la differenza agli occhi di un possibile acquirente. Strutturarlo e gestirlo correttamente è quindi la pietra miliare di qualsiasi strategia comunicativa.

Per ovviare ai più comuni errori di impostazione di una pagina web, abbiamo creato una mini guida per chi si avvicina per la prima volta al mondo del web design.

 

INFINITI TEMPI DI CARICAMENTO DELLE PAGINE

I tempi di caricamento di una pagina web sono il parametro fondamentale per determinare la user experience di un sito. Tempi di risposta superiori a 5 secondi rischiano di scoraggiare gli utenti, costringendoli ad abbandonare la ricerca. Esistono infatti diversi studi che testimoniano come un essere umano impieghi massimo 10 secondi prima di iniziare a perdere interesse nei confronti di un evento esterno. Dunque perché rischiare di perdere delle opportunità, invece che rendere il sito più performante?

 

PAGINE WEB SIMILI A ROMANZI

Non solo download: gli utenti si scoraggiano anche alla vista di testi molto lunghi. È comprovato che solo una minima percentuale dei lettori di una pagina arrivi fino all’ultima parola, mentre la maggior parte concentra i propri sforzi nei primi paragrafi. Per questo tutti i contenuti importanti devono occupare la parte superiore dello spazio, così da essere visibili direttamente all’apertura. Un altro trucco è quello di dividere il testo a paragrafi, evidenziando con grassetti o corsivi le parole chiave: in questo modo sarà possibile fornire una panoramica degli argomenti trattati, indirizzando l’interesse in maniera specifica.

 

INVASIONE DI SCHERMO DI FINESTRE POP-UP

Approdando alla home di un sito web, l’apertura di finestre a comparsa non è mai gradita agli utenti. Per gestire le informazioni che necessitano di una separazione dal vero e proprio contenuto, esistono tecniche meno invasive e più raffinate come l’effetto lightbox, utilizzato ad esempio da alcuni web designer per gestire la recente normativa sui cookies.

 

INFORMAZIONI CONFUSE

L’utente non è onnisciente: spesso non ha ben chiaro l’oggetto della sua ricerca finché non approda al giusto contenuto. Un buon sito fornisce dei percorsi d’informazione chiari, logici e reversibili in caso di errore. Prima di creare un sito è quindi opportuno generare una mappa concettuale che ovvi il più possibile a qualsiasi dubbio da parte del futuro utente. Fondamentale è anche l’inserimento del campo cerca nel sito, un plus irrinunciabile per molti.

 

LAS VEGAS? NO, GRAZIE

Animazioni, scritte lampeggianti o a scorrimento: se funzionano per indicare incidenti o luoghi di interesse, lo stesso non deve per forza accadere sul web! Elementi di questo tipo inseriti in una pagina generano un effetto diametralmente opposto a quello desiderato. Punta su un contenuto chiaro, pulito e leggibile: i lettori apprezzeranno.

 

L’ODIATO EFFETTO CARILLON

Inserire una musica di sottofondo che accompagni l’utente durante la navigazione non genera l’effetto rilassante e coinvolgente che di solito si pensa anzi, tendenzialmente si ottiene l’esatto opposto. Meglio contenere l’accompagnamento musicale in un buon video di presentazione, piuttosto che vedere gli utenti scappare infastiditi dall’inattesa sorpresa.

 

UN ARCOBALENO DI INDICAZIONI

Siamo tutti d’accordo: un sito scialbo non piace a nessuno. Questo però non autorizza a sbizzarrirsi con la tavolozza dei colori. Un bravo web designer riesce ad armonizzare lo spazio di ogni pagina bilanciando informazioni e colori, che magari richiamino anche il logo aziendale.

 

URL INDECIFRABILI

Gli URL delle pagine devono riflettere la natura delle informazioni che saranno trattate all’interno. Molti CMS incorporano una funzione che crea automaticamente URL semplici e leggibili, tuttavia questo aspetto resta molte volte sottovalutato. Un URL semplice e efficace genera ottimi risultati in chiave SEO, indispensabile per il buon successo del tuo sito.

 

PAGINE ABBANDONATE

Per una buona esperienza di navigazione, tutte le pagine di un sito devono indicare chiaramente all’utente dove si trova, unitamente alla possibilità di ritornare alla homepage. Fornisci una cartina leggibile per la navigazione, sicuramente i lettori sapranno come sfruttarla al meglio!

 

BANDO AI CONTENUTI FLASH

Già nel precedente post avevamo accennato al poco amore che scorre tra flash e l’indicizzazione SEO, oltre al fatto che tali contenuti non vengono supportati da molti device mobili. Questi due motivi bastano per accantonare Flash a favore di tecnologie cross-broswer e cross-device, come ad esempio quelle basate su HTML5.

 

Potremmo citare un’infinità di altre casistiche, ma lasciamo a voi la parola: cosa proprio non sopportate durante la visita a un sito web?

 

 

SEO copywriting: istruzioni per l`uso

Il SEO copywriting è senza dubbio una delle arti più richieste da chi desidera aumentare il traffico del proprio sito web, grazie alla possibilità di unire le migliori tecniche di ottimizzazione a testi ben scritti e piacevoli nella lettura.

Ammaliare gli algoritmi dei motori di ricerca non è però facile: ad esempio, Google utilizza più di 200 diversi parametri per determinare quello che tecnicamente può essere il grado di utilità di una pagina web, rendendo quindi indispensabile integrare i dati statistici con la creazione di contenuti di qualità.

Una missione impossibile? Assolutamente no, se si conoscono i trucchi del mestiere. Noi di Sd Studio abbiamo raccolto in un decalogo le principali accortezze da seguire nella creazione di contenuti SEO-friendly, per fare un po’ di chiarezza in questo ramo del web marketing tanto chiacchierato quanto ancora poco conosciuto.

  1. Seleziona le keyword e usale a volontà (ma con buonsenso). Come da traduzione letterale, il termine keyword indica le parole chiave di un testo. Per creare un buon contenuto è indispensabile identificare almeno due keyword che rendano l’indicizzazione il più possibile efficace. Le keyword andranno poi ripetute a cadenza regolare nella pagina, con naturalezza, per aiutare il lettore a focalizzare il concetto senza annoiarlo.
  2. Inserisci le keyword anche nel titolo, così da rafforzare il messaggio e ottenere migliori risultati.
  3. Scrivi testi di qualità. Utilizzare le keyword non basta: Google apprezza i contenuti di valore, e un buon testo SEO deve essere in grado di bilanciare l’elemento tecnico con quello creativo.
  4. Non essere prolisso. Se è vero che esiste un minimo di parole sotto il quale è bene non scendere (almeno 500), non bisogna però lasciarsi tentare dall’estremo opposto: sul web i testi troppo lunghi sono banditi, pena l’abbandono in corso di lettura.
  5. Facilita la lettura con l’utilizzo di corsivi e grassetti, suddividendo strategicamente il testo in paragrafi o elenchi.
  6. Trova dei sinonimi. Se in poche frasi una keyword viene ripetuta troppe volte, l’effetto generato potrebbe risultare fastidioso. Come segnalato in precedenza, un buon testo SEO è fondato sull’equilibrio, perciò a volte sarà necessario utilizzare qualche sinonimo per rimarcare il concetto spiegato, così da rendere il contenuto più leggibile e scorrevole.
  7. Inserisci link interni al sito, che rimandino a una pagina affine all’argomento trattato. Per esempio, conosci già tutti i nostri servizi di web marketing?
  8. Inserisci link a siti esterni, se utili. Creare connessione con altri contenuti è sicuramente un plus, ma valuta bene quando e se è necessario farlo.
  9. Arricchisci i tuoi testi con delle immagini, e ricorda sempre di compilare i campi “titolo” e “descrizione”: il posizionamento del sito ne trarrà vantaggio.
  10. Non usare Flash! Lento nel caricamento dei contenuti, che non riescono ad essere letti né dai motori di ricerca, né dai dispositivi mobile, Flash rappresenta il peggior nemico per il SEO, e anche per molti utenti!

Come crei i tuoi contenuti ottimizzati per il SEO?

Raccontaci la tua esperienza, o richiedici altre informazioni